Il posto delle fiabe

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Questo racconto è di Emanuela che insieme con la sua famiglia era presente a Retrosi durante la notte del 24 Agosto 2016. Per esorcizzare ha sentito il bisogno di raccontare qualcosa sulla terra che ama per non lasciarla morire e scomparire nel nulla. Riportiamo qui la sua fiaba.


C’è il posto nel quale vieni al mondo e dai il primo vagito, quello in cui cresci, studi, vivi, lavori, ami, ci sono i posti che conosci e scopri con i viaggi, quelli che incontri per caso, c’è il posto poi dove ti stabilisci per vivere o semplicemente ti ci trovi a vivere e non sei capace di cambiarlo ma neanche di immaginare di farlo, e poi c’è lui: Il posto delle fiabe”

Il posto delle fiabe è dove albergano i tuoi ricordi più belli, dove risiede quella sensazione stanziale del tuo stato d’animo che è felicità pura, dove i sogni si realizzano, dove conosci l’amore, quello che ricevi dai tuoi nonni, dai tuoi genitori, quello che scopri per l’amica del cuore, dove provi il primo batticuore, il luogo dove puoi dar libero sfogo alle tue emozioni ed essere pienamente te stessa, quello in cui appena ci arrivi il tuo corpo gode di uno stato di beatitudine incondizionata e che appena vai via non vedi l’ora di ritornarci, è uno spazio dove il tempo non esiste, i parametri per misurare la quotidianità decadono e si crea quella bolla speciale all’interno della quale tu ci stai da Dio e tutto il resto del mondo sta fuori.

Quello spazio per me rappresenta un’area geografica ben precisa che ha un nome e un significato è “L’Ara di Mandelipa” nel Borgo Retrosi, il nome glielo ha dato mio figlio e il significato è “la casa di mamma”.

Tutto questo è “Il posto delle fiabe”, ognuno ha il suo, il mio si chiama: Amatrice

AMATRICE

Sì, io direi iniziamo proprio dal nome di questa località: Amatrice

Già solo il suono o il significato che richiama alla memoria, basta.

Amatrice nel mio immaginario, è l’aggettivo rivolto ad una donna che ama, che ama il proprio figlio, che accoglie nel suo ventre materno la vita, della quale ne è origine e custode, è un immagine poetica, evocativa, che spiega la sensazione che provo ogni volta che mi trovo in questa terra.

E lei, la Regina Madre, Ti accoglie tra le sue splendide “ville”, queste piccole località, ognuna diversa e unica, che si schiudono come scrigni preziosi, ricchi di bellezza e di arte, custodi di Chiese e Santuari, rivelatori di cammini e sentieri, ricchi di storia e tradizioni, depositari di arti e costumi, ideatori di golose ricette culinarie famose in tutto il mondo, rivelandosi un vero e proprio tesoro tutto da scoprire!

Le Ville di Amatrice, sono circa 48, dislocate tra splendidi monti, dove la natura regna sovrana, tra le quali spiccano gioiosi ruscelli, piccoli torrenti, cascate e splendidi laghi: il lago Scandarello e il lago di Campotosto, delineando ai nostri occhi paesaggi fiabeschi come quello che vedete nella foto sottostante: Conche

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Non è raro che chiunque si trovi a passare da queste parti, resti rapito da tanta bellezza e spesso non può fare a meno di tornarci. Inutile dirvi che ogni Frazione è più bella dell’altra, a Sommanti c’è un ristorante strepitoso, a Rocchetta c’è la produzione del miele più genuino del mondo, a Scai il meraviglioso Santuario della Madonna di Varoni e a Retrosi quello dell’Icona Passatora, con all’interno un affresco stupendo della Madonna, che tiene tra le sue mani Amatrice, come per proteggerla.

E poi Filetta, Sant’Angelo con la sua quercia secolare pubblicata su tutti i libri naturalistici, San Giorgio, con una vista mozzafiato ed il suo maneggio, Il Casale Nibbi con le sue mele deliziose e la produzione di formaggi di altissima qualità….insomma lo avrete capito, potrei continuare a descrivere questi luoghi all’infinito corredando ben bene tutto con delle foto, ma c’è chi lo ha fatto per me e in modo professionale esistono al riguardo tantissime è pubblicazione meritorie. Quello che vorrei fermare in queste pagine è il quotidiano, quello che appartiene a tutti noi e che niente e nessuno ci può togliere.

I RICORDI

La memoria cerca di scavare nel tempo al primo ricordo di vita vissuta che mi lega a questa terra… e ci sono io, bambina di 4 o 5 anni che do la mano a nonno Fernando, siamo in cammino, andiamo incontro ai miei genitori che stanno tornando dalla città, per il fine settimana da trascorrere tutti insieme. Durante il tragitto raccolgo i fiori sul ciglio della strada per fare il mazzo più colorato e profumato del mondo, da donare al loro arrivo mentre gli corro incontro e gli butto le braccia al collo e aspetto fiera la mia ricompensa…..che non è altro che coccole e baci, tanti baci.

Le mani caldi enormi e rassicuranti del mio amatissimo, dolcissimo, unico, meraviglioso, amorevole nonno.

L’immagine che appare davanti ai miei occhi è “Il gigante e la bambina”, lui che quasi mi solleva da terra, talmente era grande rispetto a me, sempre attento, protettivo.

Da qui l’attesa, la trepidazione, la preparazione del giorno della festa! La domenica da trascorrere tutti insieme, in famiglia. Nonno Fernando e nonna Italia, i nonni materni nati a Sommati (una delle ville di Amatrice), che ci hanno cresciuti a me e a mio fratello Alessio, dai quali ho imparato tante cose importanti che mi hanno accompagnato per tutta la vita e che a mia volta sto trasmettendo ai miei figli e se avrò fortuna ai miei nipoti.

Nonna mi ha insegnato a lavorare ai ferri, all’uncinetto, a cucire, fra le altre cose era un sarta e insieme abbiamo realizzato dei manufatti meravigliosi! E nonno a cucinare, con le sue ricette golose, i ravioli di ricotta, gli gnocchi, le pizze fritte, i profumi che inondavano le mura domestiche, quei sapori che non ritroverò mai più….Lui che ha fatto il cuoco in un ristorante in Canada. Il ristorante esiste ancora, una parte della famiglia lo porta avanti, si chiama “Fortuna’s Restaurant” in Niagara Falls. Ero sempre lì a chiedere che mi raccontassero della loro vita: come si erano conosciuti e innamorati, la guerra, il terremoto che gli ha tolto la dignità, l’emigrazione verso il Canada per cercare un futuro, ero così curiosa e bramosa di conoscere! Poi da grande ho scoperto che sulla storia della mia famiglia materna c’è anche un libro scritto in lingua inglese da un giornalista canadese dell’epoca, che raccolse le storie delle famiglie emigrate all’estero che ebbero successo, ed un intero capitolo è sui “Fortuna”, copia che custodisco gelosamente.

Quanti ricordi ora affiorano, si accavallano, sono così vivi, così forti.

Andare a pesca con papà, che ha vinto tante coppe nelle gare di pesca del laghetto sportivo, curare con lui tutta la preparazione per il grande momento, la cattura dei grilli da mettere nella bottiglietta di vetro con i fili d’erba che uscivano fuori….e poi ancora, andare con lui in montagna a raccogliere i frutti di bosco, i lamponi, le more, le fragoline, deliziose e profumate e poi mangiarle tutti insieme affogandole in una panna pannosa montata rigorosamente a mano. Nei giorni più fortunati, mi portava anche per funghi, a raccogliere i porcini, i prataioli, i galletti, gli ovuli, portavamo a casa dei ricchi bottini e mamma poi preparava gustosissime paste, i più belli venivano pastellati e fritti, che bontà!!!

Quanti eventi gioiosi hanno riempito i miei giorni d’estate nella pausa tra un anno scolastico e l’altro, per non parlare poi delle festività del Natale. Ogni volta che si ripartiva le mie gote si rigavano con le lacrime e la testolina era sempre rivolta indietro fino a quando non vedevo sparire le montagne all’orizzonte e allora smettevo di piangere e pensavo già che di lì a pochi mesi sarei ritornata e allora piano piano me ne facevo una ragione e mi settavo sulla modalità città: Roma.

Uno tra i momenti più divertenti era la festa del Patrono del Paese: Sant’Egidio.

Si andava tutti insieme in processione con l’abito bello, quello della domenica, cantando inni e preghiere, ai cori degli uomini rispondevano quelli delle donne, dalle finestre si lanciavano petali di rose al passaggio del Santo portato a spalla dai paesani, botti e tric e trac risuonavano per le strade e segnavano il passo, fino ad arrivare in Chiesa e lì onorare il nostro Protettore con una solenne messa che chiudeva il rito della mattina.

Durante la giornata venivano organizzate gare di abilità e di gruppo: la pentolaccia, il tiro alla fune, il palo della cuccagna, la corsa con i sacchi, quante risate… e poi giochi a premi per i bambini, ed è lì che per la prima volta nella mi avita ho vinto qualcosa. Sì, era la gara di pittura, organizzata nel grande prato davanti al ristorante, allora solo pizzeria: “D’Angelino”. Tanti tavoli, ogni tavolo poteva ospitare fino a sei bambini e il premio più ambito, il primo, era un enorme scatola di costruzioni! Saremmo stati circa un ventina di bambini, forse più, tutti con le matite affilate e tante speranze, avevamo solo un’ ora di tempo e la maggior parte di essi, si erano preparati a casa il soggetto da disegnare e presentare ad un prestigiosissima giuria di esperti che ci avrebbero giudicati. Ma io no, non mi ero preparata assolutamente nulla, in realtà non volevo partecipare, mi vergognavo tanto, ma poi…. mi convinsero e per la maggior parte del tempo sono stata a pensare a cosa potessi fare…. verso la fine del tempo, disperata e senza ispirazione, ho alzato gli occhi ed ho buttato giù uno schizzo del paesaggio che avevo davanti: case diroccate dal terremoto avvenuto tantissimi anni prima, quando nonna Italia era un giovanissima donna. I miei nonni mi raccontarono che persero la loro casa, tutto quello che avevano, ma il dolore più grande era per la perdita del loro piccolissimo Giuseppino, morto per colpa del “latte agitato”, così diceva nonna, latte che gli aveva trasmesso attraverso il seno. Il bimbo di pochi mesi si era ammalato con una gravissima dissenteria e per cercare di salvarlo erano andati a piedi fino a Rieti, lì all’unico ospedale della città, i medici gli avevano fatto una puntura di non si sa cosa e subito la gambina si era gonfiata tutta, aveva pianto a squarciagola tutta la notte, fino a quando il suo pianto sempre più fievole era cessato, non era arrivato alla mattina. Il piccolo Giuseppino di soli sei mesi, era morto, e a detta di nonna Italia, era stata tutta colpa del terremoto!

Insomma, per farla breve, disegnai le case rimaste diroccate, una delle quali era la nostra, affiancate a case in pietra ristrutturate e bellissime, con le montagne dietro e i cani randagi appallottolati agli angoli delle strade di brecciolino bianco.

Fatto:1° PREMIO!!!!

Dio che immensa gioia, e quale orgoglio difronte ai miei genitori e al paese intero!!! Io, proprio io, avevo vinto il primo premio!!! Non riuscivo a crederci!!! Non avevo preparato assolutamente nulla, ma avevo disegnato solo quello che vedevano gli occhi di una bambina di 8 anni e pensare che me lo avevano ritirato che non era neanche finito! Naturalmente i disegni sono rimasti esposti per tutto il giorno e poi non so che fine hanno fatto ed io ho ritirato il premio con una consegna solenne e tanti applausi.

La scatola delle costruzioni era più grande di me, quanto me ne sentivo fiera.

Io avevo vinto per la prima volta nella mia vita, e il risultato, credo, è che ancora oggi dipingo, dipingo nei rarissimi momenti di tempo che riesco a concedermi, in cui voglio “premiarmi”: tradotto, dedicare del tempo, così raro e prezioso, a fare le cose che amo! Ed i miei dipinti parlano dei paesaggi meravigliosi che hanno fatto da sfondo alla mia infanzia, questi prati infiniti di papaveri e grano, margherite selvagge e bianche come la neve, candide e delicate, mosse dal vento, che profumano l’aria, con tecniche inventate di volta in volta…..e il risultato è solo gioia pura, o meglio, è questo che vorrei che trasmettessero, quei buffissimi e folli quadri, sotto alcuni di essi:

I Papaveri

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le Margherite

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La sera poi tutti in Piazza c’era il palco con il complesso e si cantava e si ballava spensierati, degustando i piatti tipici cucinati amorevolmente dalle donne che facevano a gara a chi avesse preparato la prelibatezza più gustosa e richiesta.

Io e nonna Italia, in coppia a ballare il saltarello con le gonne larghe che si aprivano a ogni giravolta, mostrando tutti i loro colori e in sottofondo il tamburello che segnava il passo e il suono della fisarmonica a fare da colonna sonora.

Alla fine della giornata di festa, verso la mezzanotte ecco che arrivavano i tanto attesi fuochi d’artificio, il mio viso al cielo, gli occhi si riempivano di meravigliosi sfavillii colorati, sorprendenti, rumorosi, luminosi e poi tre botti, fortissimi, il suolo che trema per il rumore, la pancia che si contrae per la paura, tutti i bimbi hanno le mani sulle orecchie, e quelli più piccoli piangono inconsolati, gli animali impazziscono: la festa è finita!

Ora si può tirare un sospiro di sollievo è tutto finito!

Anche noi siamo sfiniti dalla lunga giornata di festeggiamenti e ce ne torniamo nelle case stanchi e beati.

Altri ricordi affiorano in disordine: io che mungo la mucca per avere il suo latte, il timore di fargli male e lo zio di Fiorella che ride, si mette seduto a fianco a me e mi mostra come si fa, che emozione! Io, che andavo con Angela a “governare” le “bestie”, a “rimettere” le pecore, a raccogliere le uova nel pollaio e poi a fine giornata sfinite tornare sedute sul retro del trattore di “Rapini”, il papà, che ci dava un passaggio. Mamma, che quando tornavo a casa mi urlava dalle scale: vatti a lavare che puzzi di stalla!

Quanto mi sentivo Heidi! Tra l’altro, guarda caso, è stato il primo film visto al cinema in assoluto nella mia vita proprio con nonno Fernando.

Io che vado a spasso sulla groppa dell’asinello di “Zii Checchino” e che nel pomeriggio passo a fare la merenda da “Tititta” (Rosina), che mi urla dalla finestra: nina, vieni su! Che ti preparo pane e prosciutto! Che pane Signori! e che prosciutto! tagliato a mano al momento del consumo e fatto in casa a stagionare sotto la cantina, un sapore che non ho più ritrovato se non nella memoria. Io con le donne del paese a fare le conserve dei pomodori, a bollire tutti quei vasetti di vetro in quei contenitori giganti, tra chiacchiere e canti. Io e nonna Italia, a lavare i panni giù alla fonte, con al conca in testa e poi al lavatoio con il sapone fatto in casa a sciacquare, strofinare, strizzare e tornare a casa tutta bagnata! La prima bicicletta, quanti capitomboli, li porto tutti nelle cicatrici che indosso con orgoglio sulle ginocchia, la mamma la sera mi toglieva il brecciolino con le pinzette…e poi arrivò l’asfalto.

Quante gare di briscola all’Hosteria per vincere una gazzosa, e hoho sì! Il furgoncino del pane che passava la mattina tra le frazioni, suonava il clacson e noi tutti fuori con i soldini per comprare la pizza bianca con i chicchi di sale grosso e il pomeriggio poi passava il furgoncino dei gelati per la merenda…

Arrivò il primo Juke Box al bar D’Angelino ed io ero quasi “signorina”, nell’aria c’era “Gloria” di Tozzi e i cambiamenti del mio corpo erano repentini. Ed ecco le prime scorribande con le amiche di sempre Susanna, Fiorella, Paola, la prima di noi che ha preso la patente, avevamo una comitiva in ogni Frazione. I falò con gli amici e la chitarra per cantare a squarciagola, le scarpinate in montagna partendo al buio per vedere sorgere l’alba insieme sulla cima e da lontano se c’era fortuna e tempo buono si scorgeva pure il mare. Le grigliate all’aperto vicino ai ruscelli, dove mettere il cocomero e le bibite al fresco e poi a piedi nudi sull’erba a farci i gavettoni.

La notte poi sdraiate sul prato a guardare il cielo con quelle stelle così grandi e luminose che solo lì le ho viste così grandi! La notte di San Lorenzo, ad aspettare che cadessero per esprimere un desiderio….E finalmente il permesso di avere le chiavi di casa del casale a Rocchetta, altra Frazione, Tra Sant’Angelo e Villa San Lorenzo, grandi feste con gli amici, il camino sempre accesso, i capodanni con la neve, le gare con i bob a lanciarci per le discese senza freni e poi la guerra con le palle di neve, a capodanno preparare tutti insieme un pupazzo gigantesco con i “razzi” da sparare alla mezzanotte. D’estate poi al lago con le barche a fare il bagno al largo, e affamati tutti a mangiare da Benny, delle amatriciane pazzesche, le passeggiate a cavallo, le letture in amaca davanti ai covoni di grano, verso sera, quando l’aria diventa frizzante e il cielo si tinge di rosa, gli uccelli rientrano al nido e ti lasci trasportare dal torpore prima di cena. E poi via tutti fuori, i cornetti di mezzanotte, si tirava fino all’alba….

Un altro episodio, vissuto in quella terra, che ha segnato positivamente la mia vita, è accaduto quando io avrò avuto circa 18 anni in una delle feste di paese. Una stilista di Roma aveva organizzato la prima sfilata della storia amatriciana allo “Scoiattolo”, tutta Amatrice e dintorni erano accorsi per il grande evento, quanta gente! Il locale scoppiava!

La Signora Viola, aveva “reclutato” le ragazze del paese e ci aveva rese Regine per un giorno, con truccatori e parrucchieri, vestieristi, abiti da sogno, ancora ricordo quella sensazione strana, lo stomaco che si attorciglia dall’emozione, che magia!

Parte la musica e io sono tra le ragazze che sfilano, alla fine eleggono pure la prima Miss Amatrice della storia, che poi negli anni si è trasformata in Miss Monti della Laga. Si Signori, avete capito bene: Ho vinto!

Da qualche parte, in mansarda da mamma, c’è ancora la fascia con la coppa, credo.

Lo so, Vi state ammazzando dalle risate, penserete, ma questa a tutto quello che partecipa vince!

No affatto, sono le uniche due volte della mia vita e il caso ha voluto che sono accadute tutte e due ad Amatrice e che tutte e due questi eventi hanno cambiato la mia vita per sempre. Così nonostante i brufoli della pubertà e una timidezza imbarazzante, Viola mi chiamò una volta tornati a Roma per lavorare presso il suo Show Room, mi consigliò una scuola di portamento in zona Prati: l’Accademia Internazionale d’Alta Moda Koefia, credo esista ancora, e da lì cavalcai tutte le più grandi e prestigiose passerelle degli anni ‘80, dalle sfilate in mondovisione di Piazza di Spagna, a Milano, Parigi, L’alta moda Romana…

Insomma lavorai per circa 10 anni con grandi soddisfazioni, completai gli studi e iniziai a viaggiare conoscendo tanta gente. 27 anni dopo, il 28 agosto del 2016, avrei sfilato con mia figlia Giulia ad Amatrice e ad Accumoli per la mia amica Simona, che ha un prestigioso atelier, avremmo giocato insieme sulla passerella, sarebbe stato bellissimo…..

OGGI

Oggi sono mamma di due meravigliosi bambini: Francesco di 10 e Giulia di 7 anni, sono la moglie di un uomo che adoro Giuseppe e la Direttrice del Touring Club Italiano di Roma, la mia vita è intensa, faticosa, ricca e meravigliosa!

So che la storia che ho raccontato sembra appartenere a mille secoli fa, ma è tutto quello che è successo in soli 45 anni di vita, la mia.

Nel corso degli anni, per tutta una serie di vicissitudini familiari, siamo sempre tornati sporadicamente, andando in affitto di volta in volta in frazioni diverse, finché abbiamo scoperto il primo “albergo diffuso” del Parco Protetto dei Monti della Laga a Retrosi. In questo piccolo borgo arroccato a 1001 mt di altitudine a soli due km da Amatrice, sono state recuperate le case abbandonate e ristrutturate con i materiali originali dell’epoca, tutte curatissime, con i balconcini da cui si affacciano fiori colorati, il parco giochi per bambini, la piscina all’aperto tra i monti, la chiesa con il manto stellato, a pochi passi a piedi il piccolo alimentari/emporio, dove le verdure le andavi a raccogliere nell’orto, così come per le uova direttamente dalle galline…insomma un sogno!

Mio marito, per amore, solo per amore, dopo innumerevoli sacrifici, mi ha regalato una piccola casina in questo borgo, impossibile descrivervi quello che ho provato! Frequentando Retrosi, ci siamo innamorati del luogo e delle persone che lo abitano, i nostri figli avevano già i loro “amichetti” che li aspettavano ogni volta che tornavano dalla città. La minuscola casina è nella piazza principale del paese che per me più esclusiva e prestigiosa della piazzetta di Capri, spazio assolutamente pedonale, con una vista che toglie il fiato. Dalla piazza partono diversi percorsi CAI, a piedi si arriva tramite un sentiero all’Icona Passatora dove ci sono spazi per ospitare pic-nic….tutto questo era:

l’Ara di Mandelipa” appunto.

Il disegno che vedete sotto è stato il biglietto di auguri della mia piccolina, nel giorno del rogito: 29 settembre 2015

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Mio marito, invece, in quel giorno, mi fece leggere dal Notaio una lettera d’amore che è rimasta lì, tra le altre nostre lettere di amore della famiglia, promesse, progetti….insieme al nostro cuore….

Quello che vedete sotto è l’ingresso reale della casa.

Negli anni avevo raccolto foto d’interni che mi avevano colpita, sono un’appassionata di architettura, adoro il recupero e la nuova vita che si possono dare agli oggetti in disuso, così avevo tenuto da parte tra le altre, una camera da letto di una casa a Brooklyn in New York, appartenente a Bastien, un architetto francese, che aveva rivestito la parete di una preziosa tappezzeria di De Gournay: erano rami d’albero con uccelli, che io sognavo di dipingere sulle pareti…..con i miei figli…Quella casina sarebbe stato un piccolo spazio dove dar luogo al proseguimento di questa storia d’amore…. sotto alcune foto degli interni:

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Gli altri ambienti non rappresentati in foto sono la cucina in legno di castagno ralizzata a mano su misuna in muratura, piccolissima e incredibilmente funzionale, esteticamente un “bigiout” adornata con i pizzi di “Brudge” e tutto quello che io e nonna negli anni abbiamo realizzato insieme, un bagno minuscolo ultramoderno e confortevole, con le ceramiche di “Old Englad” e un delizioso soppalco in legno che era diventata la cameretta di Francesco ne era gelosissimo…insomma ogni minimo angolo era stato curato con amore, arredato con oggetti dei nostri numerosi viaggi e dei nostri ricordi, era il nostro angolo di paradiso, il nostro rifugio. Grazie al mio lavoro ero riuscita da pochissimo a far stipulare all’albergo diffuso del borgo una convenzione con il Touring Club Italiano a livello nazionale e avevamo in mente mille progetti da realizzare con la comunità: realizzare una mostra di arti e mestieri, organizzare visite guidate del terriotorio coinvolgendo i volontari come l’impagabile Luciana che ci apre ogni volta l’Icona Passatora…. ma poi arrivarono le 3:36 del 24 agosto 2016, eravamo lì per trascorrere la nostra prima vacanza e un boato assordante esplose da sotto il suolo!

Tutto intorno si muoveva convulsamente, gli oggetti si ruppero in un frastuono confuso, la casa intera ebbe un movimento sussultorio violentissimo per un tempo interminabile, che poi ho scoperto essere 142 secondi, secondi nei quali io ero in posizione fetale sul fiaco sinistro nel letto e non solo non riuscivo a muovermi per cercare di metterci in salvo, ma non riuscivo ad articolare neanche il respiro….

Appena trascorsi quei secondi in un filo di voce sussurrai: “il terremoto”… da quel momento ho vissuto tutto come se fosse al rallentatore e senza audio: io e mio marito siamo corsi nell’altra stanza al buio, scalzi, annaspando tra non so cosa, per vedere se c’era il resto della casa e se i nostri figli erano vivi…non avevo mai vissuto un terremoto ….descrivere quello che si prova è impossibile.

Fuori casa l’apocalisse. Tutto azzerato. Tutto raso al suolo. Il resto è cronaca.

Quello raccontato da mia nonna, accaduto circa 100 anni prima, non era nenche lontanamente paragonabile a quello accaduto quella prima mattina d’estate…per trovare qualcosa di simile bisogna risalire al 1700…

A questa tragedia hanno seguito tante chiacchiere: che è stata tutta colpa dell’uomo, delle trivelle nell’adriatico per estrarre il gas e il petrolio, dell’esperimento della bomba atomica fatta esplodere nelle viscere della terra da un cinese…

Di certo ci sono 299 morti, un intero territorio distrutto, un’area che interessa 4 regioni, 130 km di estensione e una ferita sul Monte Vettore che mette paura solo a guardarla.

Un intero tessuto sociale con la sua storia e la sua economia sono scomparsi per sempre.

E quello che ne resta è nelle storie dei “sopravvissuti”. Noi siamo stati fortunati tutta la famiglia ne è uscita illesa, tranne l’anima. Tutt’intorno, il nulla, quante vite spezzate, quanto dolore…..

In tutte le fiabe che si rispettino c’è sempre una morale che si vuole trasmettere, ed io credo che da un’ esperienza così forte sia doveroso trarre insegnamento: la natura è sovrana e noi piccoli esseri umani, dobbiamo rispettarla per conviverci, il tributo di vite pagato è stato troppo alto e non possiamo pensare di tornare ad abitare in zone ad alto rischio sismico senza fare le adeguate costruzioni.

Spero che questo piccolo racconto sensibilizzi quante più persone possibili affinchè tutti insieme nel quotidiano ci adoperiamo per avere un mondo migliore e perché no, io sono un inguaribile romantica e l’altro aspetto delle fiabe che mi piace tanto è che c’è sempre un lieto fine…..

A presto cara terra mia…..

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